Non ci sono limiti al dolore quando perpetuato nel lungo periodo. Non esistono religioni nella malattia. Non sono determinanti i colori della pelle nel contagio, ne tantomeno sussistono intelligenze privilegiate rispetto ad altre. Il dolore accomuna tutti, indistintamente. I virus sono reietti, il dolore è disperazione.
Stare reclusi in casa o in quarantena non è difficile. Rivolgere al cibo accurati proseliti d’amore è facile. Abbracciare e passare del tempo con moglie e figli è una benedizione del cielo. L’amore, finché esiste, ci aiuta ad avere fiducia nel prossimo e ci inebria di entusiasmo ed energia.
L’amore, ci hanno insegnato fin da piccoli, è Dio. Se così fosse i virus, di chi sarebbero? Del diavolo?
Alla pandemia non interessa il bene o il male, se ne infischia di quanto siamo generosi verso il prossimo e si diverte al pensiero della nostra deriva religiosa.
A tal proposito mi innervosisce il mutismo attuale della chiesa. Non sentiamo alla TV una parola di conforto da esponenti del clero dall’inizio della malattia e non vediamo attuata un’opera di aiuto o beneficenza devoluta agli ospedali o ai malati di Coronavirus. Con tutto il denaro che il vaticano dispone, dovrebbero onestamente donare e fare molto di più di quello che attualmente fanno.
Oltre tutto ciò lasciano nella solitudine i malati a casa, i nostri nonni, gli unici ancora a credere nella buona fede della cristianità. Nessuno di questi religiosi si è fatto avanti per aiutare la collettività o solo per sostenere la mano di un sofferente. Possibile che si nascondino in massa dietro il decreto del distanziamento sociale? I nostri preti dove sono?
Si denota quanto meno, un assenteismo globale che riflette un disagio di paura non solo fisica. Probabilmente l’ignoto lascia interrogativi, molti più a loro, che a noi.
Fortunatamente abbiamo i nostri infermieri: con le mani lavorano e con gli occhi curano. Sono convinto che molti di loro, incrociando gli sguardi dei malati, provano a regalargli un momento di sollievo spirituale per alleggerire l’oppressione feroce della polmonite.
Le religioni cominciano a darmi l’orticaria. Tutte. Non ci posso fare nulla. Comprese quelle che profetizzano sempre la positività. Fossi al governo, promuoverei la scienza medica sostituendola all’ora di religione. Avere un medico o uno scienziato in più, rispetto ad un prete, secondo me farebbe la differenza.
Per fortuna ci sono persone che lavorano determinate al conseguimento della salute comune, noncuranti del populismo dilagante e vessatorio, che hanno seriamente studiato nella loro vita e provano, con le loro scelte e la loro sensibilità, a determinare in positivo, una globale esperienza negativa. Sempre più capisco come la storia insegni solo a coloro che l’hanno davvero vissuta e come le generazioni dopo se ne disinteressino. E’ un peccato gravissimo disimparare. Le nuove generazioni si sentono come invulnerabili, avvertono di avere tutto a portata di mano. Possono plasmare il loro aspetto, fingersi caritatevoli al cospetto del mondo e spendere molto del loro tempo fotografandosi ad uno specchio.
Concludo dicendo che è merito della scienza odierna e passata se siamo ancora presenti su questo mondo come specie dominante, le religioni hanno fatto più danni che altro, è merito di menti geniali plasmate dall’ardore di aiutare il prossimo a cui dobbiamo tutto. Molte delle quali in conflitto con la chiesa. Almeno questo è il mio pensiero.
Ovviamente sono pronto a rinnegare la mia scelta, qualora accada qualcosa di rilevante o spirituale che venga finalmente in aiuto del genere umano. O almeno di chi soffre.
Antonio