Il caldaro è un’ otttima zuppa di pesce che veniva consumata dal Monte Argentario a Castiglione della Pescaia. Se andate a giro per tutto il mediterraneo, scoprirete che per ogni porto, per ogni città litoranea, esiste una zuppa di pesce. Tutti i paesi costieri hanno una loro zuppa, il “cacciucco” di Livorno, il “brodetto” dell’adriatico, la “bouillabaisse” e la “provenzale” della Francia, la “zarzuela” e la “burrida” della Spagna e chi più ne ha più ne metta.

Chi abbia inventato il caldaro poco importa, forse la necessità, ma oramai questo piatto è quasi scomparso dai menu della maremma, forse poco conosciuto, forse difficile da mangiare per la sua “liscosità”. Vive ancora tra le famiglie dell’Argentario, nelle case dove ancora si tramandano le tradizioni di madre in figlia e tra i pescatori.

Il caldaro deriva da caldaio, o caldaro maremmano, che era un grosso recipiente per bollire, di coccio, di rame o di ferro. (vedere immagine allegata)

Preparazione:
all’interno, dopo l’olio, l’aglio, cipolla, lo zenzero e il pomodoro, tutti i pesci di pesca solo con la rete: murene, gronchi, gallinelle, san pietri, scorfani, granchi eccetera eccetera.
Poi, come in tutte le tradizioni di zuppa toscana, pane raffermo ben agliato.

La cottura era lenta, durava fino a 4 ore, aggiungevano acqua di mare e spezie a piacimento. Veniva girato molto spesso e raffinato di spezie e sapori mentre cuoceva. Il caldaro era una zuppa dei pescatori, cucinata per lo più dalle famiglie dei pescatori, cucinata talvolta anche sugli stessi pescherecci.